Dr. Marcello Orazio Florita Psicologo Clinico e Psicoterapeuta Milano
Marcello Florita Psicologo Clinico e Psicoterapeuta Milano

Nuove risposte nella rubrica "Genitori e Figli"

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Nelle lettere pubblicate affronto questioni come la dipendenza da internet in età infantile, l'apprensività materna e la gestione dell'ansia di un bambino perfezionista.

 

 

I temi che tratto nella rivista ViverSani & Belli sono sempre quelli della genitorialità e del rapporto con i figli. Nella parte sottostante troverete alcune domande e uno stralcio di risposta. Vi rimando alla rivista per l'articolo completo...

 

(Lettera su ViverSani di metà Marzo 2013 nella rubrica Genitori e Figli)

Sono la mamma di un bambino di 12 anni che ultimamente mi preoccupa un po’. Mio marito ed io lavoriamo e quindi gli capita di stare qualche ora a casa da solo ed ho notato che ogni volta che arrivo lo vedo su internet. Secondo me sta sviluppando una dipendenza, perché esce un po’ meno con gli amichetti, anche se a calcio e musica ci va senza problemi, e inventa ogni volta una scusa per connettersi. Come faccio a capirlo? Cosa devo fare?

La questione è molto seria e delicata. Recenti studi rivelano che nel nostro paese tra gli studenti delle medie inferiori e superiori il 20% sono a rischio dipendenza da Internet, 30% sono abusatori e il 5% ha sintomi di dipendenza. Il fenomeno non va sottovalutato ed molto importante essere genitori attenti come lei, perché stiamo parlando di un problema subdolo. I sintomi che contraddistinguono la dipendenza da internet sono: un senso di euforia quando il bambino è in rete, incapacità a staccarsi (per attività di qualsiasi tipo dal mangiare a giocare con amici) e nervosismo se costretto a scollegarsi, apatia e irritabilità quando non può connettersi, perdita degli interessi e dei piaceri usuali (non gioca più con gli amici in cortile), ritiro dalle relazioni sociali, incapacità a rispettare i doveri o compiti (scolastici o di altro), disturbi del comportamento alimentare (mangia in fretta per tornare a collegarsi o mangia solo davanti al pc) e disturbi fisici quali mal di schiena, disturbi del sonno o occhi arrossati (...etc...)

 

 

 

(Lettera di inizio Febbraio 2013)

Ho un figlio di 7 anni e mi rendo conto di essere un po’ apprensiva. Quando siamo al parco mi preoccupo tanto e gli sto sempre attaccata limitando le cose che può fare. Mio marito è contro questo mio metodo educativo, ma voglio solo evitare che si faccia male. Lei cosa ne pensa?

Intanto mi sento di dirle che già l’ammettere a se stessa di essere apprensiva è un aspetto molto importante. Chiamarla “apprensività” significa porre le questione su di sé e non sui rischi del bambino e questo è un punto di partenza cruciale per osservare la vicenda. È indubbio che questa iperprotettività, definita anche “genitorialità paranoica”, sia anche figlia del nostro tempo e della nostra concezione dei bambini. Un tempo erano pensati come trattori robusti e resistenti che si “forgiavano” con le ferite (come dicevano le nostre nonne) mentre ora sono concepiti come fragili e preziosi cristalli. Tra i vari motivi di questa mutazione c’è anche la trasformazione della famiglia moderna costituita da figli unici che, essendo letteralmente unici e spesso ottenuti dopo innumerevoli sforzi, sono veramente un dono prezioso nonché l’unico respiro verso il futuro di intere generazioni (...etc...)

 

(Lettera di metà Gennaio 2013)

Mio figlio ha 7 anni, è un bambino vivace e sereno. L’unica cosa che ci preoccupa è il suo atteggiamento verso la scuola. Per la sua età si preoccupa molto di prendere voti alti, anche se noi gli diciamo che siamo contenti comunque di lui. Noi abbiamo sempre preso un regalino per ogni voto alto che prende e ci chiediamo se questo, così come il nostro essere due ex “secchioni” usciti entrambi con 110 e lode dall’università, possa essere un qualcosa di controproducente. A noi dispiace per lui e non vorremmo che la maestra pensi che gli stiamo mettendo pressioni e che siamo genitori ansiosi. Cosa mi consiglia?

Le sue riflessioni sono entrambe pertinenti. Deve tenere presente che i bambini colgono e leggono più agevolmente le comunicazioni non verbali e gli aspetti emotivi rispetto a quelle verbali (...etc...)